Sta per concludersi il 2022, anno in cui si è celebrato il 25mo della morte di monsignor Aristide Pirovano (3 febbraio 1997). L’anniversario ha offerto l’occasione per raccogliere testimonianze sulla sua figura, rese da personalità della Chiesa che l’hanno conosciuto. Dopo quelle di monsignor Volonté (Canonico del Capitolo della Cattedrale di San Lorenzo a Lugano, Delegato vescovile per la pastorale familiare e Rettore del Collegio diocesano Pio XII Lugano) e di monsignor Giacomo Grampa (Vescovo emerito di Lugano), abbiamo ricevuto e pubblichiamo il ricordo di monsignor Massimo Camisasca, Vescovo emerito di Reggio Emilia-Guastalla, che approfondisce in particolare il rapporto tra padre Aristide e don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione. Ringraziamo monsignor Camisasca per la sua significativa testimonianza.
In qualità di vescovo della Chiesa cattolica, intendo lasciare una testimonianza relativa alla mia conoscenza di monsignor Aristide Pirovano, membro del Pime e vescovo di Macapá, in vista di una possibile apertura del processo canonico di beatificazione e canonizzazione.
La mia conoscenza di monsignor Pirovano risale ai tempi della mia adolescenza, quando, dal 1960 al 1965, frequentai a Milano il Liceo Giovanni Berchet e conobbi don Giussani. La comunità da lui nata, che allora prendeva il nome di Gioventù Studentesca, si era già dai primi anni diffusa in molte scuole e città della Lombardia e anche in altre parti d’Italia.
Don Giussani desiderava che i suoi studenti potessero maturare una vera apertura ecumenica, cattolica, universale. Desiderava «far nascere nella mentalità degli studenti il bisogno di una prospettiva nuova nello studio, nella scelta della professione, nella concezione della strada della vita».
Giussani non voleva educare attraverso una comunicazione di idee ma attraverso un “fare assieme”, cioè delle iniziative che rendessero i ragazzi direttamente e personalmente impegnati nell’ideale proposto. In particolare, cercava una relazione con il mondo delle missioni.
A questo proposito fu fondamentale l’incontro avvenuto nel 1960, con monsignor Aristide Pirovano, vescovo italiano di Macapá. Tornato per breve tempo dall’Amazzonia, partecipò a un convegno di Gioventù Studentesca e ne rimase molto impressionato. Attraverso di lui, don Giussani conobbe il dottor Marcello Candia, importante industriale milanese, che stava progettando di lasciare la propria impresa per andare missionario in Brasile proprio a Macapá.
Già intorno a Ferragosto del 1960, Giussani partì in nave da Genova per l’Amazzonia. Monsignor Pirovano era convinto che si dovesse partire da lì; Giussani mirava invece alle scuole e alle università del Minas Gerais. Il percorso in nave avvenne sulla Delphic Eagle, che scaricava manganese in Italia, e che durante il viaggio di ritorno portò Giussani e Pirovano.
Nell’estate dell’anno successivo si svolse un ulteriore viaggio, questa volta su una carboniera, la Lerici II, a bordo ancora Giussani e Pirovano. Assieme al carbone, la nave portava del materiale destinato all’ospedale di Candia che era già in allestimento.
Anche se, come ho accennato, il percorso principale dei “giessini” in Brasile si svolse a Belo Horizonte, Giussani non dimenticò mai Pirovano e l’Amazzonia. Alcune persone provenienti dal Movimento andarono a Macapá negli anni successivi.
Giussani fece conoscere anche a noi ragazzi monsignor Pirovano: lo faceva partecipare ai “raggi”, agli incontri che si tenevano in via Istituto 2 a Milano il sabato pomeriggio. Vedeva in Pirovano l’ideale del vescovo missionario, profondo nella fede e nella concretezza degli obiettivi.
Monsignor Massimo Camisasca
Vescovo emerito di Reggio Emilia-Guastalla
(si ringrazia per la collaborazione Cristian Gattinoni)