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«Quando dom Aristide ci chiese scusa»

Per i 110 anni dalla nascita di monsignor Pirovano la testimonianza di Raffaele Zoni, volontario a Marituba negli anni Ottanta, che ricorda la perplessità con cui il Vescovo missionario accolse la notizia delle sue nozze e come invece, prima di morire, ammise a lui e alla moglie di essersi sbagliato

Dom Aristide aveva una barba generosa, che incorniciava un volto magro e scarno, costantemente illuminato da uno sguardo tenace e al contempo magnanimo.

Quel giorno, però, seduto alla sua scrivania nell’ufficio di Marituba, notai una smorfia velata adombrargli il viso. Temevo quella reazione, perché con lui stavo affrontando un tema assai delicato. Mi trovavo in missione come volontario laico. Ero lì da quasi due anni, assieme ad un corposo gruppo di giovani, arrivati al lebbrosario nel gennaio 1987. Monsignor Pirovano nutriva per noi una grande considerazione, che ostentava mostrandosi sempre attento ai nostri bisogni.

Ma quel giorno, nel suo piccolo ufficio, lo misi al corrente di una scelta personale che evidentemente lo preoccupava. Gli dissi infatti che ero intenzionato a sposare Consi, un’infermiera brasiliana che lui conosceva, perché era catechista in parrocchia.

Quando gliene parlai, padre Aristide restò in silenzio, ma il suo volto esprimeva perplessità. «Ho dei dubbi – commentò – e non dipende da Consi. Io so quanto lei sia una brava ragazza!», esclamò, quasi a volermi tranquillizzare «Come sacerdote conosco la sua famiglia e non ho niente da dire. Ma sappi che le vostre due culture, le vostre storie, sono assai diverse e di ciò dovete tenere conto».

Io risposi annuendo, ma ero mortificato, perché non avrei voluto in alcun modo contrastare le sue opinioni. Lui parve leggermi nel pensiero e concluse affermando che non mi avrebbe mai ostacolato, malgrado fosse convinto delle sue affermazioni.

Dopo alcuni mesi presi in moglie Consi e con lei andai a lavorare nella foresta, in un progetto sanitario a favore delle popolazioni indigene. Restammo in Amazzonia alcuni anni e in quel periodo incontrammo più volte monsignor Pirovano, che ci trattò sempre con grande affetto, rendendoci costantemente partecipi dei suoi tanti progetti a favore del lebbrosario e della popolazione che vi abitava attorno.

Il nostro rientro in Italia avvenne a poca distanza da quello di padre Aristide che, giunto a Erba, continuò a dedicare tutte le proprie energie a favore di Marituba. Convinti di quanto fosse importante quel suo lavoro, ci impegnammo a organizzare per lui incontri con le comunità parrocchiali, dove partecipava dando sempre il meglio di sé. Spesso, poi, padre Aristide si intratteneva a casa nostra, raccontandoci della sua vita, come fa un nonno con i nipoti.

Sovente gli chiedevo di raccontarmi dei suoi incontri con Giovanni XXIII e con Paolo VI. Lui allora mi guardava sorridente e poi esclamava: «Anmò? Ta lu già dì!». Padre Aristide infatti, quando voleva esternare il meglio di sé, si esprimeva in dialetto. Mi piaceva, perché in quel suo dire c’era un’ironica complicità e tanta genuina voglia di mantenersi semplice, malgrado fosse un Vescovo.

Mia moglie, poi, percependo quella sua spontaneità, gli preparava pietanze brasiliane popolari, così da «matar a saudade», ovvero «uccidere la nostalgia» provocata dal fatto di essere lontano dalla sua terra di adozione. Dom Aristide mi stupiva, per il rispetto esternato verso Consi: le parlava sempre in portoghese, malgrado lei comunicasse fluentemente in italiano. Egli, però, lo faceva come gesto di cortesia e in ciò dimostrava un’estrema attenzione nei confronti del suo prossimo.

Gli anni passarono e tra noi si creò un rapporto sempre più consolidato. Probabilmente, però, il Vescovo non aveva dimenticato quel suo giudizio iniziale nei confronti del nostro matrimonio e prima della sua salita in cielo volle parlarcene.

Lo fece negli ultimi giorni di malattia, quando gli facemmo visita alla Casa del Pime a Rancio (Lecco). Egli era sdraiato nel suo letto di agonia, ma era vigile e sereno. Mi rammaricai di vederlo senza la lunga barba e lui comprese il mio disagio. Fece dunque dell’umorismo su quella sua nuova condizione.

«Vi devo parlare – disse d’un tratto con tono solenne -. Anni addietro esternai la mia preoccupazione, perché temevo che il vostro matrimonio potesse un giorno scricchiolare. Ma mi sbagliavo e ora vi chiedo scusa!».

Io lo guardai stupito, esclamando: «Monsignore, non lo dica neppure per scherzo!».

Ma lui alzò la mano e severo mi azzittì con un gesto: «Vi do la mia benedizione e vi chiedo di mantenervi così. Vi chiedo che continuiate a testimoniare il vostro amore, perché siete un esempio di bellezza e dovete mostrarlo a tutti!»

Io e Consi uscimmo da quella stanza completamente frastornati. Piangevamo, ma eravamo sereni per aver potuto condividere quel momento, così profondo e ricolmo di una mistica presenza. Fu l’ultima volta che incontrammo padre Aristide.

Da allora, ogni anno a novembre siamo tornati sulla sua tomba, e ci siamo rivolti a lui dandogli del tu, perché quando si parla alle anime è impossibile mantenere toni formali.

Nel cimitero di Erba sono tornato anche nel settembre del 2024. Ero accompagnato da mia figlia e dal suo promesso sposo. Ancora una volta mi sono rivolto a dom Aristide… «Hai visto: oggi Consi non è qui. Ha avuto un infarto mentre pregavamo sulla tomba di San Francesco ed è salita in cielo…».

Ma sicuramente è inutile che te lo spieghi… Di certo ora stai parlando con lei in portoghese!

Io vi immagino, vi vedo entrambi sorridenti, là in alto, nel Regno dei Cieli, in comunione con i Santi!

«Até logo (arrivederci, ndr), dom Aristides, dai un bacio da parte mia a Consi!».

Raffaele Zoni

Già volontario a Marituba



 

22-07-2025

 

Tutte le testimonianze:

Ottobre: «Quando feci da chierichetto a padre Aristide che diventava Vescovo»

Settembre: Voci di donne da Marituba: «Padre Aristide, pastore di Dio e persona speciale»

Agosto: «Quando volavo in aria in braccio a padre Aristide…»

Luglio: «Quando dom Aristide ci chiese scusa»

Giugno: «Come erano buoni i ribes che padre Aristide mi portava!»

Maggio: «Monsignor Pirovano ci affidò Marituba e mi disse: “I conti li farete con il Signore”»

Aprile: Cresimato e sposato da padre Aristide: «Sapeva leggerti nell’anima»

Marzo: Il «dottore missionario»: «Padre Aristide mi insegnò a guardare verso il cielo»

Febbraio: L’amico sindaco: «Padre Aristide, meriti di essere Santo»

Gennaio: «L’ingegnera» di Marituba: «Dom Aristides per me è stato un grande dono di Dio»

Raffaele Zoni e Consi
Padre Aristide tra i bambini di Marituba

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