Contattaci

«Quando feci da chierichetto a padre Aristide che diventava Vescovo»

Come e quando ho cominciato a conoscere padre Aristide? E quali ricordi mi sono rimasti impressi – non solo nella mente, ma soprattutto nel cuore – davanti alla Sua testimonianza di fede nel Signore? Cerco di scovare nella mia memoria (alla mia età spesso si ricordano meglio gli eventi del tempo passato di ciò che è capitato ieri o ieri l’altro).

Sono cresciuto in una famiglia i cui genitori erano coetanei di padre Aristide («il padre Barba»). La nostra abitazione, poi, era – ed è tuttora – nella stessa via Mazzini, a poche decine di metri dalla villetta dei Pirovano, dove vedevo spesso la madre e le due sorelle di padre Aristide. Più volte i miei genitori ricordavano a noi figli il coraggio del «padre Barba», quando – dicevano a noi piccoli attenti – si adoperò con la sua intraprendenza per scongiurare l’azione bellica dei nazifascisti fermati – così ci precisavano – proprio dall’intervento di padre Aristide sul Ponte della Malpensata.

Fattomi ragazzo, frequentavo la scuola elementare e prontamente entrai nel gruppo chierichetti guidato da don Carlo Caletti, indimenticabile coadiutore dell’oratorio, che fu determinante per la mia entrata nel Seminario diocesano di Seveso.

Più volte mi capitava di servire la Santa Messa celebrata da padre Aristide nella chiesa di Santa Eufemia. Di quelle celebrazioni, pur ragazzino, mi è rimasta stampata in modo indelebile prima di tutto la profonda adorazione di padre Aristide al momento della Consacrazione eucaristica. Durante l’omelia e al termine della Messa rivolgeva parole chiare e severe, invitando i presenti a uno stile di vita da veri cristiani. Ora li definirei “rimproveri”, per i comportamenti e il modo di vivere non adeguati al Vangelo. Queste “filippiche”, però, non impedivano a padre Aristide di continuare, con la sua proverbiale gentilezza e cordialità, al termine della Messa, a rispondere alle domande delle persone che lo fermavano fuori di chiesa.

Un momento indimenticabile è stato per me vissuto 70 anni fa (io avevo 10 anni), quando da chierichetto servivo all’altare (sempre accanto al caro compagno di banco delle elementari e coscritto Carluccio Castagna), mentre il nostro Arcivescovo di Milano monsignor Giovanni Battista Montini, non ancora Cardinale, consacrava Vescovo padre Aristide nella Prepositura di Erba, con a fianco un altro “santo”, l’allora nostro Prevosto monsignor Erminio Casati.

Ancora ricordo l’esempio di padre Aristide, vero testimone del Vangelo, e con lui un altro nostro concittadino, padre Silvio Miotto, che quasi quasi mi convincevano a entrare nel Seminario missionario del Pime. Ma l’autorevolezza di don Carlo prevalse e così nell’ottobre del 1957 entrai a Seveso nel Seminario diocesano. Alla mia ordinazione sacerdotale padre Aristide volle regalarmi un libro, Le concordanze bibliche, che conservo ancora, come reliquia, con una sua dedica personale.

Inoltre posso testimoniare che i suoi preziosi consigli e l’esempio della sua fedeltà al Vangelo sono stati preziosi doni nei primi anni del sacerdozio e lo sono tuttora. In particolare conservo nel cuore, nei colloqui personali, il suo coraggio e la sua determinazione a onorare la nostra appartenenza alla Chiesa, che ho potuto constatare anche leggendo – come Censore ecclesiastico all’introduzione della causa di beatificazione – centinaia e centinaia di pagine dei suoi scritti, interventi e raccomandazioni che donava ai suoi confratelli missionari durante i due mandati come Superiore generale del Pime. Leggendo quelle pagine fitte di raccomandazioni e precise indicazioni sono emerse la forza e il coraggio di padre Aristide nel guidare il suo Istituto per ben 12 anni; soprattutto ricordo la forza nel correggere gli errori, e il chiaro stile di vita che indicava ai missionari in quei momenti di “contestazione globale” e di situazione sociale turbolenta, che non poco intaccava anche la vita dei giovani preti nel contesto storico in cui vivevano.

Un ultimo episodio da giovane prete, che non posso dimenticare, riguarda la disponibilità di padre Aristide quando gli chiesi di visitare e confessare un mio compagno di classe, Pierluigi (Gigi per noi coscritti del ’44) Frigerio, giunto agli ultimi giorni della sua vita. Ricordo di averlo accompagnato vicino alla casa di Gigi, lasciandolo entrare da solo, a confessarlo e a portargli i Sacramenti della Consolazione: dopo pochi giorni Gigi morì.

Infine, post mortem, sono venuto a conoscenza che padre Aristide è stato, anche se per un breve periodo, Cappellano all’Ospedale Policlinico di Milano, incarico a cui anch’io fui nominato nel 1994 e che ricoprii per 13 anni. Durante quel ministero come Cappellano (così mi fu detto), padre Aristide non tralasciava di offrire consigli e aiuti, manifestando il suo coraggio e la sua azione per il bene dei più deboli e indifesi.

Monsignor Piero Cresseri


 

22-10-2025

 

Tutte le testimonianze:

Ottobre: «Quando feci da chierichetto a padre Aristide che diventava Vescovo»

Settembre: Voci di donne da Marituba: «Padre Aristide, pastore di Dio e persona speciale»

Agosto: «Quando volavo in aria in braccio a padre Aristide…»

Luglio: «Quando dom Aristide ci chiese scusa»

Giugno: «Come erano buoni i ribes che padre Aristide mi portava!»

Maggio: «Monsignor Pirovano ci affidò Marituba e mi disse: “I conti li farete con il Signore”»

Aprile: Cresimato e sposato da padre Aristide: «Sapeva leggerti nell’anima»

Marzo: Il «dottore missionario»: «Padre Aristide mi insegnò a guardare verso il cielo»

Febbraio: L’amico sindaco: «Padre Aristide, meriti di essere Santo»

Gennaio: «L’ingegnera» di Marituba: «Dom Aristides per me è stato un grande dono di Dio»

Monsignor Cresseri tra la presidente degli Amici Rosanna Pirovano e l’immagine di padre Aristide alla Messa nell’anniversario della morte nel 2020
Il giovanissimo Piero Cresseri (in basso a destra) chierichetto alla ordinazione episcopale di padre Aristide presieduta da mons. Giovanni Battista Montini, Arcivescovo di Milano

Lascia un commento:

* obbligatorio